Una serie continua di coincidenze ci sta indicando che questa è la strada giusta da seguire...iniziate a dicembre dell'anno scorso a Miami grazie all'incontro con Claude Corongiu della Galleria MACCA, continuate con Elena Calaresu di Alghero, con le forti affinità con la mitica Giovanna di Su Gologone. Ma il legame che mi lega alla Sardegna nasce nel 1972 quando la Gallura mi cura evitandomi l'asporto di un polmone. Aria e sole mi curarono in un lontano novembre del 1974. Qua mi sentivo me stessa e riuscivo a superare la mia atavica timidezza. Ora è venuto il momento di restituire a questa terra l'energia che mi ha dato e che continua a darmi, insieme alle persone con cui giocavo ai Puffi e a quelle con le quali vado alla scoperta delle calette più nascoste su un gommone scassato dal simbolico nome "Therapy", dove è stato ospitato anche un magico concerto dei Gipsy King solo per due.

 


retro

INDAGINE SULL'IMPERFETTO. Il giorno 8 settembre, in occasione della Notte delle Biblioteche e dei Musei, il MAAD di Adria inaugura una nuova esposizione. Alle ore 18,30 sarà presentata al pubblico: Indagine sull’imperfetto, con opere di Silvia Camporesi, Anna Di Prospero, Maurizio Camerani e Mustafa Sabbagh. Immagini fotografiche e installazioni digitali che costituiscono un itinerario, attraverso una selezione qualitativa e non di tendenza, per giungere ad una riflessione sugli sviluppi e le evoluzioni che hanno per oggetto traiettorie inedite che fanno dell’immagine fotografica uno degli ambiti di maggior fermento dell’attualità artistica. I quattro autori hanno contribuito in questi ultimissimi anni alla scoperta di nuove inclinazioni di ordine immaginativo e di nuove sensibilità. Un cambiamento di prospettiva e di punti di vista semantici su ciò che tradizionalmente e convenzionalmente competeva all’immagine fotografica. Uno spostamento di confini e di generi consolidati, che in pochissimo tempo ha annoverato questi quattro autori tra i maggiori artisti contemporanei.

Maurizio Camerani, Silvia Camporesi, Anna Di Prospero, Mustafa Sabbagh

a cura di MLB Maria Livia Brunelli Gallery

Quattro artisti a confronto, accomunati da una ricerca sull’imperfezione. Immagini fotografiche e installazioni digitali che costituiscono un itinerario, attraverso una selezione qualitativa e non di tendenza, per giungere ad una riflessione sugli sviluppi e le evoluzioni che hanno per oggetto traiettorie inedite che fanno dell’immagine fotografica uno degli ambiti di maggior fermento dell’attualità artistica.

Un cambiamento di prospettiva e di punti di vista semantici su ciò che tradizionalmente e convenzionalmente competeva all’immagine fotografica. Uno spostamento di confini e di generi consolidati, che in pochissimo tempo ha annoverato questi quattro autori tra i maggiori artisti italiani contemporanei.

Maurizio Camerani

Una installazione composta da cinque immagini fotografiche che scandiscono diversi momenti   dell’allestimento di una mostra dell’artista in una galleria di Bologna negli anni Ottanta.
La qualità delle immagini realizzate a suo tempo su cassetta VHS in analogico ha subito in quasi tre decenni di oblio un progressivo deterioramento per effetto della smagnetizzazione del nastro. Una perdita di nitidezza cui fa da contraltare una qualità straordinaria che solo il trascorrere del tempo determina: le immagini hanno “interiorizzato il tempo” restituendocene intatto il fascino.

Silvia Camporesi

Imperfezione come "paesaggio rovesciato”, che capovolge la percezione abituale del reale creando straniamento: il vulcano più piccolo del mondo, un castello di sabbia diventato opera museale, gli orologi – per definizione simbolo di perfezione e precisione - che al Museo Guatelli creano una installazione cacofonica, imperfetta nella sua affascinante immutabilità.

Anna di Prospero

Queste quattro fotografie appartengono alla serie “Beyond the visible”, un lavoro incentrato sull’analisi dell’inconscio; rappresentano il fascino di una bellezza che non è mai perfetta e insieme creano una storia nella quale lo spettatore può vivere una riflessione personale e introspettiva sul tema dell'imperfezione, immerso in una suggestione fiabesca dove ogni cosa è accennata ed evocata. Un sogno rosa che riporta a memorie d’infanzia, a giochi in giardino di cui si è sfumata la memoria, ma proprio in questa indefinitezza risiede la magia della nostalgia.

Mustafa Sabbagh

“Nel corpo umano non esiste uno spazio come la cavità, correttamente chiamata. Ogni spazio è occupato dal suo contenuto. Lo spazio toracico è completamente riempito dalla sua viscera, che, in massa, prende la forma perfetta del suo interno. Le viscere toraciche si trovano così strettamente legate l'una all'altra, che rispettivamente influenzano la forma e le dimensioni dell'altro”. Questa riflessione di Joseph Maclise, tratta da “Anatomia chirurgica”, introduce nell’universo di Mustafa Sabbagh, dove gli abissi neri dell’inconscio e del corpo umano invitano a una indagine della propria essenza e autenticità, al di là di ogni perfetta apparenza.

CUSTODI DEL TEMPO
 a cura di Maria Livia Brunelli

11 maggio - 30 settembre 2017
inaugurazione sabato 10 maggio dalle 16 alle 19
Villa "Al Console", via per Carignano 186 Carignano (Lucca)


A esporre una delle maggiori artiste-fotografe italiane, Silvia Camporesi, insieme a Ketty Tagliatti, artista e scultrice: le due artiste hanno realizzato opere site specific per gli interni della cinquecentesca abitazione di Leopoldina Pallotta della Torre, discendente di una antica famiglia marchigiana; la villa, accuratamente restaurata da un atto d'amore, ospita mostre di arte contemporanea da diversi anni.
Dopo due edizioni curate da Ludovico Pratesi, che hanno visto attivi artisti del calibro di Flavio Favelli e Giovanni Ozzola, ora è la volta di queste due artiste, accomunate dalla volontà di essere "custodi del tempo".

Silvia Camporesi espone una raffinata selezione di fotografie della serie "Atlas Italiae" dedicate al carcere di Pianosa, in cui è stata la prima fotografa ammessa a entrare; mentre Ketty Tagliatti, nota nel mondo dell’arte per le sue tele in cui ha cucito con infinita pazienza centinaia di spine di rose, presenta una meditata scelta di lavori.

Oggetti prediletti del lavoro di Ketty Tagliatti sono state le poltrone e le rose, in realtà entrambi pretesti per indagare il tempo del fare arte, che nel suo caso è un tempo lento, che implica la calma ritualità di gesti catartici, sempre uguali. Una manualità intesa come rito: ha utilizzato in questo senso il ricamo per attaccare spine di rose reali sulla tela. Partita da una riflessione sull’arte informale, che è alla base di tutti i suoi lavori, a Carignano espone un arazzo davvero incredibile, che ha richiesto mesi e mesi di lavoro. Non si tratta questa volta di una rosa, ma di una camelia, simbolo decorativo cinese che l’artista ha tratto da una vecchia tappezzeria parigina dell’inizio del secolo. Stupefacente è la tecnica utilizzata per un'opera così grande: ogni petalo è realizzato con centinaia e centinaia di spilli, che, sapientemente affiancati e direzionati, creano le morbide volute tipiche di questo fiore. La fitta trama di spilli lucenti si presenta come un raffinato ricamo d’argento, che evoca una bellezza sfavillante tanto quanto inquietante.

Scrive l’artista a proposito di un’opera altrettanto evocativa, una colonna di suppellettili di famiglia ricoperte di tessuto, quasi a volerne proteggere la fragilità in quanto muti testimoni di ore di lieta convivialità: “Gli oggetti abbandonati, testimoni di un’epoca ormai passata, mi hanno sempre affascinato. Forse perchè ricchi di memorie di un’esistenza scandita da riti quotidiani più rassicuranti, nella loro lentezza. Questi, ora non più in uso, scartati dalle mani di chi si è preso cura della loro identità di strumenti utili, sono stati rimpiazzati con oggetti portatori di riti più veloci ed essenziali, che alla fine hanno modificato anche il nostro spazio vitale svuotandolo di un suo valore sacrale fatto di antiche tradizioni. Li ho riconosciuti, scelti, isolati con un involucro di stoffa morbida cucita addosso che li rende neutri pur rispettando la memoria della loro originaria e singolare identità. Li ho collocati in un individuale spazio-loculo che ridà loro una nuova sacralità. Spogliandoli della funzione utilitaristica, li ho rivestiti della loro essenza, esponendo così il loro “Nervo Divino”, come direbbe J. Ortega Y Gasset”.

Silvia Camporesi lavora in altro modo come “custode del tempo”. L’artista ha esplorato nell’arco di un anno e mezzo tutte le regioni italiane alla ricerca di paesi ed edifici abbandonati. “Atlas Italiae” è il risultato di questa raccolta di immagini, una mappa ideale dell’Italia che sta svanendo, un atlante della dissolvenza. Si scoprono così luoghi nascosti e spesso mai svelati, magici nelle loro smagliature scrostate, pervasi da energie impalpabili. La serie fotografica si presenta come una collezione poetica di luoghi (borghi disabitati, architetture fatiscenti, archeologie industriali) fondata sulla ricerca di frammenti di memoria. Questa mappatura non ha intenti di denuncia, ma riprende idealmente lo spirito del Grand Tour, della ricerca di vestigia passate, ancora portatrici di tracce di vite vissute, con cui confrontarsi per riflettere sul presente al fine di immaginare il futuro. Una volta gli artisti andavano alla scoperta delle rovine romane, oggi Silvia Camporesi ricerca le rovine contemporanee. Per rivivere quello spirito e per ridare vita ai luoghi, alcune immagini sono state stampate in bianco e nero e colorate a mano dall’artista. Tra questi luoghi Silvia Camporesi ha scelto di fotografare l’isola di Pianosa, che, come scrive Marinella Paderni, è “un lembo di terra unico nel suo genere e dalla vita non facile, che pare più miraggio che una realtà concreta. Un luogo dalla natura selvaggia, protetta e salvaguardata dall’incuria umana, trasformato (forse proprio per questo) in una fortezza che confina i vissuti dei pochi uomini che la abitano tra un carcere di massima sicurezza, il mare e un parco nazionale. Prima artista a poter lavorare su Pianosa, nell’omaggio poetico che Silvia Camporesi dedica a Pianosa un altro elemento si affaccia al suo sguardo, ponendo l’artista di fronte alla sfida di catturare in una visione il mistero dell’acqua”.

LA CASALINGA MANNARA
il lato oscuro del femminile
a cura di Maria Livia Brunelli

31 marzo-9 aprile 2017
inaugurazione venerdì 31 marzo dalle 18 alle 22
Il Lazzaretto, Via Lazzaretto 15, Milano

Una piacevole sorpresa per chi ha apprezzato i nostri artisti all’ultima fiera di Milano: in occasione del MIART e del “Salone del Mobile”, inaugureremo una splendida mostra sul tema della femminilità dal titolo “La casalinga mannara”, prendendo spunto da un’opera di una recentissima new entry in galleria, Barbara Capponi. Oltre a lei esporranno Silvia Camporesi, Anna Di Prospero, Alfred Drago Rens e Stefano Scheda.

LA MLB Maria Livia Brunelli, ospite della associazione culturale Il Lazzaretto, in questa trasferta milanese presenta le opere di cinque artisti legati da una ricerca sul tema del femminile. Quest’anno il tema della attivissima associazione milanese è il femminile inteso “come dimensione generativa e creativa, che riguarda sia gli uomini che le donne”, nella convinzione che “nella nostra cultura il femminile è sempre stato associato a idee di passività e irrazionalità e, quindi, bollato come negativo e perdente: la mostra, a partire da questa riflessione, si interroga sui modi e le possibilità di rivalutare il femminile come il modello più adeguato per affrontare gli scenari dei nostri tempi. Tempi che, essendo in continuo mutamento, richiedono flessibilità, ascolto, capacità di adattarsi, creatività, e ci obbligano a stare profondamente a contatto con la nostra parte emotiva”.

A partire da queste riflessioni, Silvia Camporesi indaga figure di donne “allo stato nascente”, donne “non pronte per essere viste”, tra lo stato del sonno e quello dell’abbandono, perché, come dice Rilke, “Nasciamo per così dire provvisoriamente da qualche parte; soltanto a poco a poco andiamo componendo in noi il luogo della nostra origine, e ogni giorno più definitivamente”.

Anna Di Prospero, celebre per il fortunato scatto che la ritrae con la madre, esposto in mostra alla Triennale di Milano, presenta in questo occasione parte della serie Self-portrait with my family, nata dal desiderio dell’artista di sviluppare una ricerca sui suoi legami più intimi. In ogni immagine ha analizzato il rapporto familiare lasciando che si trasformasse in fonte ispiratrice. La parte più importante di questo lavoro è stata per lei il coinvolgimento ottenuto durante gli scatti, grazie al quale ha scoperto aspetti sconosciuti dei suoi familiari.

Barbara Capponi presenta invece una serie di “Retablos”: sono piccoli presepi che prendono il nome da quelli latinoamericani e raccontano storie a metà tra il fumetto, il romanzo, e gli episodi di Lost. Protagoniste di questi piccoli haiku in scatola, tra il divertente e il malinconico, sono tutte donne, la cui eterogenea tipologia rappresenta la varietà del genere femminile: si va dalla simpaticissima “casalinga mannara”, alla donna che ha paura del primo appuntamento, a quella che per crescere ha bisogno di “acqua, aria, terra, sole e un po’ di chiar di luna”, nella convinzione che la vicinanza con le forze della natura riconnetta le donne con il loro potere.

Per Stefano Scheda il corpo è di per sé un ritratto: conserva la sua unicità, senza acquisire lo stesso valore iconico del volto che continua comunque a dominare come segno di unicità nel codice sociale. L’artista ha voluto produrre una sorta di opera aperta, una scultura fotografica: differenti fogli di carta comune vengono sovrapposti, arrotolati/srotolati, aleatoriamente, come scampoli di pelle a diverse altezze. L’opera presentata è solo una delle combinazioni possibili perché un diverso posizionamento dei rotoli può dar vita a possibilità di nuove icone. Il lavoro è lasciato volutamente precario, quasi scorrevole, anche a sottolineare la labilità del tempo in cui viene eseguito ogni impossibile ritratto: "quel che ci ritrae, si ritrae" per effetto del tempo. Un attimo dopo, siamo diversi. In questo lavoro la donna crea una ibridazione integrandosi con la parte maschile, diventando più combattiva attraverso questo rapporto dialettico.

Alfred Drago Rens da lungo tempo si confronta col tema del suo femminile, della paura e della verità. In un primo progetto, detto “delle cento mani” o “Apollo e Dafne”, ritraeva fotograficamente con la mano destra (il maschile aggressore) la propria mano sinistra (il femminile in fuga), mentre si trasformava in fiore o pianta. Un tentativo di proteggere una parte di sé che sentiva in pericolo e non ancora pronta ad affrontare la propria severità borghese e maschilista: una pausa meditativa e vegetativa. Oggi, lavorando su vecchi ritratti scovati nei mercatini, dove non si utilizzava photoshop per raccontare bugie, ridà vita a quel corpo nascosto, liberato dal legno e dalla memoria, restituendogli volume, energia e ironia. Lavorando in maniera scultorea con la carta, fa emergere la tridimensionalità e il colore di certi particolari, creando curiose narrazioni: nascono così immagini seducenti e ironiche, accattivanti e sinuose, che diventano inni alla femminilità dal sapore un po’ nostalgico, e per questo ancora più intriganti.

Da venerdì 31 marzo al 9 aprile,
presso lo spazio “Il Lazzaretto”
Via Lazzaretto 15, zona Porta Venezia

Da lunedì a venerdì dalle 10 alle 16:30
sabato e domenica dalle 16:30 alle 20 su appuntamento
per info: 3314089660, Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
0245370810, Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

ART CITY Bologna 2017

Marco Di Giovanni. Orizzonte degli eventi
progetto a cura di Sabrina Samorì
promosso da Istituzione Bologna Musei

Inaugurazione con performance sabato 14 gennaio ore 18

Il Museo della Musica accoglie il progetto espositivo di Marco Di Giovanni Orizzonte degli eventi, a cura di Sabrina Samorì, nel segno di una trasversalità di generi artistici e idiomi musicali che avvicina verso le pratiche artistiche contemporanee il prezioso patrimonio collezionistico del museo dedicato a sei secoli di storia della musica europea.

Orizzonte degli eventi presenta la ricontestualizzazione di alcuni fra i lavori più significativi ed emblematici realizzati da Marco Di Giovanni negli ultimi anni configurandosi non solo come una piccola mostra antologica che riassume gli esiti più recenti della sua ricerca, ma soprattutto come un intervento che sfida la capacità dell'artista di concentrare le dimensioni espressive della sua energia creativa all'interno di un coeso progetto multidisciplinare appositamente concepito per le due sale dedicate agli eventi temporanei del museo bolognese.
L'artista crea un ecosistema dalla complessa struttura compositiva e dalla rigida logica immanente attraverso una fitta rete di interrelazioni tra diversi linguaggi come scultura, disegno, installazione sonora e performance che coinvolgono il pubblico all'interno di un'esperienza immersiva e avvolgente. Il lavoro intende invitare gli spettatori ad andare oltre la soglia del visibile riproducendo metaforicamente un'implosione di spazio e tempo giocata su riferimenti cosmologici e sul sistema fisico dei buchi neri, che escludono dalla vista ogni fenomeno che abbia luogo oltre il limite esterno di questi straordinari oggetti misteriosi, ovvero, nel linguaggio scientifico, l'orizzonte degli eventi.

Il progetto si avvale del contributo artistico del musicista Gianluca Favaron, oltre che del compositore Vincenzo Core e dell'attore Andrea Ettore Di Giovanni che interagiranno in una performance in occasione dell'inaugurazione.

Orizzonte degli eventi rientra nella sezione ART CITY Polis della quinta edizione di ART CITY Bologna (27, 28, 29 gennaio 2017), il programma di iniziative istituzionali promosso da Comune di Bologna in collaborazione con BolognaFiere in occasione di Arte Fiera, che si propone di offrire nuove prospettive di visita al patrimonio storico-artistico della città attraverso opere di artisti contemporanei.

Quando:

Dal 15 Gennaio al 12 Marzo 2017
mar>ven ore 9.30>16.00
sab, dom, festivi ore 10.00>18.30

Art City:
venerdì 27 gennaio ore 9.30>20
sabato 28 gennaio Art White Night ore 10>24
domenica 29 gennaio ore 10>20

Doppio appuntamento a Bologna e Ferrara per conoscere una delle più affermate performer italiane

Giovedì 12 maggio 2016

MAMbo – Museo d'Arte Moderna di Bologna, Bologna

h 17.30 presentazione volume GR | Giovanna Ricotta

h 18.30 performance NON SEI PIÙ TU, AZIONE 02 e a seguire videoproiezioni Falloavvenire (2002), Fai la cosa giusta (2010) e Falene (2012).

Sabato 14 maggio 2016

MLB Maria Livia Brunelli Gallery, Ferrara

h 17.30 aperitivo rinascimentale con l’artista Giovanna Ricotta e il prof. Claudio Cazzola sull’attualità dell’"Orlando Furioso" di Ludovico Ariosto, in occasione della mostra dedicata al poema dall’artista.

Due occasioni speciali, prima a Bologna e poi a Ferrara, per vivere ed assaporare l’arte contemporanea accompagnati da Giovanna Ricotta, una delle performer più affermate in Italia, che ama esplorare la sua identità travestendo se stessa attraverso raffinate performance che segnano le diverse tappe della sua esistenza.

Giovedì 12 maggio il MAMbo – Museo d'Arte Moderna di Bologna dedica una serata al lavoro artistico di Giovanna Ricotta. Il pubblico è invitato a partecipare a un'azione performativa alle 18.30, preceduta alle 17.30 dalla presentazione dell'ultimo volume pubblicato sull'artista, e dalla videoproiezione di alcuni video emblematici del suo percorso.

Fulcro della serata è la performance NON SEI PIÙ TU, AZIONE 02, a cura di Silvia Grandi e Fabiola Naldi, che Giovanna Ricotta propone negli spazi della Sala delle Ciminiere: un lungo tappeto che si dipana nell'ampio salone del museo sarà percorso più volte dall’artista tracciando e imprimendo con la sua gestualità e attraverso polvere di grafite segni astratti che connettono idealmente presente e passato, risalendo fino agli esordi.

All'estremità finale di questo percorso, a rappresentare la performance che si stabilizza in un corpo cultura, si trova l'opera Non sei più tu (2015): un'urna nera, dalle forme morbide, realizzata tramite moderne tecniche di stampa 3D.

L'enigmatica struttura monocroma occulta volutamente al pubblico il suo contenuto: il “corpo assente”, racchiudendo il nucleo interiore dell'artista, composto di polvere di grafite. A chiudere l'urna, una calotta che, se sollevata, svela il segno grafico GR inciso in oro. Con questo lavoro Giovanna Ricotta ha voluto “fissare un punto d'arrivo e ulteriori passaggi nell'indagare la performance” immaginando che al nero seguano altri monocromi – rosa e bianco - “tre urne, tre forme, tre spostamenti”.

La performance è preceduta, alle h 17.30 in Sala Conferenze, dalla presentazione del volume GR | Giovanna Ricotta edito da CLEUP, a cura di Guido Bartorelli e Silvia Grandi, pubblicato in occasione della mostra omonima che si è tenuta nel 2015 a Palazzo Pretorio (Cittadella, Padova), che si è conclusa con la performance NON SEI PIÙ TU, AZIONE 01. Ne parleranno la stessa Grandi, curatrice della mostra, e Fabiola Naldi, curatrice e autrice di uno dei testi in catalogo.

La serata si conclude con la proiezione, in un'area dedicata della Sala delle Ciminiere, di tre opere video prodotte a seguito di altrettante performance di Giovanna Ricotta: Falloavvenire (2002), Fai la cosa giusta (2010), Falene (2012).

NON SEI PIÙ TU, AZIONE 02 di Giovanna Ricotta fa parte di una serie di iniziative che il MAMbo dedica nella sua programmazione 2016 al video e alla performance. In questo quadro sono visibili al museo fino al 5 giugno Fine eroica di un'immagine del Quattrocento, di Luigi Presicce e Bora, di Yuri Ancarani, quest'ultima nell'ambito del progetto Museo Chiama Artista di MiBACT e AMACI.

Invece sabato 14 maggio, alle 17.30, in occasione della personale di Giovanna Ricotta Furiosamente. Le donne, i cavallier, l’arme, gli amori alla MLB Maria Livia Brunelli Gallery di Ferrara, affascinante casa-galleria in un palazzo del Cinquecento davanti al Castello Estense, il prof. Claudio Cazzola e Giovanna Ricotta dialogheranno sui temi alla base dell'Orlando Furioso, nel corso di un piacevole aperitivo con degustazione di specialità rinascimentali.

Un poema che continua a parlare al lettore contemporaneo per l’incredibile attualità dei temi trattati: il bisogno di armonia e serenità, contraddetto dalla continua tensione verso traguardi impossibili, come il desiderio di gloria, l’ambizione, la passione amorosa non corrisposta, tutte chimere che creano gelosia e ansia, fino a portare addirittura all’ossessione, alla follia. Ma il poema parla anche di un’epoca di forte crisi religiosa, della guerra tra mondo arabo e mondo cristiano, conflitto che mai come oggi sta scuotendo le nostre coscienze. Fili rossi che attraversano la nostra epoca come attraversavano quella di Ariosto, che lui stesso, amante della quiete e della pace interiore, denuncia nel suo poema, tanto che l’Orlando Furioso si configura come una grande metafora degli intrighi e delle follie di cui era spettatore ogni giorno alla corte degli Estensi.

L’esposizione, a cura di Maria Livia Brunelli e Silvia Grandi, aperta fino al 26 giugno, ha inaugurato il ciclo di mostre ispirate alla figura di Ludovico Ariosto e in particolare al suo poema più famoso, di cui ricorre quest’anno il cinquecentenario della prima edizione. A celebrarlo, una serie di iniziative che coinvolgono tutta la città di Ferrara, che culmineranno, a settembre, in una grande mostra che Palazzo dei Diamanti dedicherà a questo capolavoro della letteratura italiana del Cinquecento.

Giovanna Ricotta propone nelle due sale della galleria una contrapposizione tra il mondo dei cavalieri e quello delle dame, a partire dal primo, famosissimo verso del poema: “Le donne, i cavallier, l’arme, gli amori”. Così, le fotografie intense e statuarie di lei stessa nella performance presentata al MAMBO nel 2010, che la ritraggono come un tecnologico guerriero in un contrasto di bianchi e di neri (Fai la cosa giusta), dialogano con quelle raffinate e incipriate che la vedono settecentesca damigella nell’opera Toilette del 2008.

Dalla compresenza di queste due anime che convivono nella stessa persona, una maschile e una femminile, una dinamica e una statica, nasce la riflessione di Furiosamente, una serie inedita di 46 disegni, tanti quanti i canti del poema di Ariosto. Il titolo intende evocare la dimensione schizofrenica di questa ricerca dell’identità corporea, di cui il disegno, a tratti fine e pulito, a tratti sporco e violento, diventa simbolo. Giovanna Ricotta esprime così “furiosamente” la storia di un corpo contemporaneo incontenibile, passionale, forte, che non riesce a trattenere la poesia, anzi la deve esprimere come nell’ “Orlando Furioso”, senza filtri.

Giovanna Ricotta, nata a Loano (SV), nel 1970, si diploma presso l’Accademia di Belle Arti di Brera a Milano nel 1994 e in breve tempo si afferma come artista e performer presentando il suo lavoro in rinomati spazi espositivi italiani.

Dal 1997 ad oggi, lavora con video, installazioni, foto e disegni, un’artista per cui l’arte è vita e il corpo è oggetto; inserisce nei suoi lavori sempre un dualismo provocatorio in cui il corpo non è altro che un mezzo, un media, per arrivare al concetto finale e alla conclusione di un processo riflessivo articolato e complesso. Il corpo diventa concetto, in ogni suo lavoro c’è una ricercatezza tale da portarla a ricreare e riprogettare i singoli oggetti-scultura che andrà ad utilizzare in performance, sconfinando quasi nel design, per rendere ogni singolo aspetto della sua produzione assolutamente personale e perfettamente in linea con quello che vuole essere il suo “marchio di fabbrica” GR.

Vanta numerose collaborazioni nel panorama artistico, con curatori quali: Silvia Grandi, Alessandra Galletta, Francesca Alfano Miglietti, Guido Bartorelli, Fabiola Naldi, Renato Barilli. Con musicisti quali Marlene Kunz, Beautiful, Riga. Ha preso parte a progetti con il MAMbo, con l'Università di Bologna, Fabbrica del Vapore Milano, Alt Alzano Lombardo, Bergamo.

Informazioni generali: www.mambo-bologna.org

Informazioni per la stampa: Ufficio stampa MAMbo – Museo d'Arte Moderna di Bologna

Elisa Maria Cerra – Tel. +39 051 6496653, e-mail Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

Expo Milano 2015
 DALLA MODELLA VESTITA DI SFOGLIE TRICOLORE ALLA SENSUALITÀ DELL’ANATOMIA DELLA “COPPIA”
 Milano, Padiglione EXPO "Piazzetta della Regione Emilia Romagna", CARDO NORD-OVEST

Una modella vestita di tre sfoglie tricolori che evocano la bandiera italiana. La modella cammina e l’abito di sfoglia lentamente si sfascia, lasciandola nuda. E’ la performance LE SFOGLIE DI GARIBALDI ideata da Stefano Scheda e organizzata da Maria Livia Brunelli in trasferta con i suoi artisti a Milano per l’EXPO: una metafora dell’Italia di oggi? Un simbolo della perdita dell’identità nazionale e un invito a “ricucirla”?

“E’ tutto questo e anche altro, quello che le persone vogliono vederci. Una bandiera del cortocircuito fra innovazione e tradizione, in cui l’Italia dovrebbe ritrovare la sua forza. Ma la fragilità di questa bandiera evoca anche quella dell’Italian food, che viene derubato e clonato in tutto il mondo: una bellezza da difendere e tutelare”, racconta l’artista, che insegna “Strategia dell’invenzione” all’Accademia di Bologna.

La performance, che ha suscitato molta curiosità, ha avuto luogo il 19 agosto alle 12.45, a cura della MLB Maria Livia Brunelli home gallery, nell’ambito delle iniziative promosse dalla Provincia di Ferrara nello spazio "Piazzetta” messo a disposizione dalla Regione Emilia Romagna per EXPO MILANO 2015.

Sono state le sfogline dell’Alto Ferrarese di “Miss...ione matterello” a realizzare il vestito per la modella, utilizzando pomodoro per il rosso, farina e acqua per il bianco, spinaci dell’orto per il verde. Alla performance di Scheda è seguita la “risposta” della modella, che ha svelato la sua identità nella performance PRET-A-LE SFOGLIE. La modella si è rivelata infatti essere una critica d’arte, anzi, una critica d’arte performativa: Isabella Falbo, che ha utilizzato a sua volta le sfoglie modellandosele sul corpo come se fossero abiti.

Due azioni che, come scrive lei stessa, “hanno fatto dunque emergere due delle identità nazionali più forti oggi: la pasta e la moda. Il cortocircuito fuori/dentro, cibo/corpo, attivato dall’idea di indossare la sfoglia, porta a riflettere sul corpo come macchina che consuma cibo, alla continua ricerca di un’estetica soddisfatta dalla moda. Inoltre, l’abito di sfoglia rappresenta il prolungamento dell’atto sensoriale legato alla forte componente estetica del mangiare poiché il cibo viene prima consumato con la vista, poi con l’olfatto ed infine con il gusto, che svanisce nel momento in cui inizia il blackout dei processi interni al corpo”.

Ma Stefano Scheda è solo uno dei quattro artisti che la curatrice e gallerista Maria Livia Brunelli ha portato in questa occasione a EXPO. “Quelle che ho portato a Milano sono tutte opere con un significato molto preciso, spesso di denuncia, anche se una denuncia ironica e sottile, che vuole far riflettere emozionando”- spiega. Come farà Marcello Carrà, un altro artista seguito dalla gallerista ferrarese, che dal 19 al 21 agosto è stato impegnato in un’opera ciclopica: realizzare un enorme disegno legato alle tematiche del territorio e dell’alimentazione su un pannello di due metri, usando esclusivamente la penna biro. Non a caso è stato definito, per l’accuratezza e la precisione dei suoi disegni, “il Leonardo della penna Bic”. Straordinaria la sua cavalletta, esposta a Bruxelles, che raggiunge la dimensione di ben otto metri.

In esposizione anche una installazione su un altro tipico prodotto del Made in Fe, l’osannata salama da sugo: la food artist Giulia Bonora, nel suo rapporto di odio-amore con questo piatto della tradizione ferrarese, lo ha scomposto nelle sue tre componenti (siero, pelle e polpa), accompagnando questa ironica “vivisezione” con una lettera indirizzata alla salama, in cui evoca i suoi ricordi da bambina legati a questo famoso insaccato durante le festività in famiglia. Giulia Bonora è stata anche una delle protagoniste dei laboratori didattici e creativi proposti dalla MLB home gallery sui temi dell’EXPO, “Per mangia/arti meglio”: un modo per avvicinare i più piccoli all’arte attraverso ciò che di quotidiano e familiare si presenta loro in tavola, attraverso l’incontro ludico con Andy Warhol, Tom Wesselmann, Piero Gilardi, Daniel Spoerri.

Maria Chiara Bonora ha esposto invece una installazione composta da 20 fotografie dall’accattivante titolo “L’anatomia della coppia”, che ha per protagonista la tradizionale coppia di pane ferrarese, interpretata in chiave erotica come incontro fra una coppia di amanti. Una ricerca che ha per oggetto le analogie formali, posturali e materiche, tra il pane di Ferrara e l’approccio sessuale tra gli amanti, mettendo in luce la somiglianza della coppia con le rotondità del corpo, le sue torsioni e tensioni, in un climax ascendente di intimità. Perché, come spiega l’artista, “spezzare, dividere una coppia di pane a Ferrara, può voler dire separare due amanti, interrompere un gesto d’amore in atto e udire un gemito di delusione”.

“Ma dopo l’EXPO non ci fermeremo – annuncia la Brunelli-. Seguirà una cena tricolore che faremo per pochi fortunati commensali, ripetendo la performance di Stefano Scheda, il 26 settembre a Ferrara. Ho infatti chiesto ad alcuni artisti se una cena potesse diventare anche una performance artistica. E la risposta è stata sì, se ideata da artisti che hanno messo al centro del loro lavoro l’idea del food e se lo spazio è suggestivo, come la MLB home gallery, la casa-galleria in cui vivo, metà galleria e metà casa abitata. Verrà eccezionalmente ‘prestata’ ai commensali, per far assaporare loro l’emozione di essere protagonisti dell’arte in un palazzo privato rinascimentale di fonte al Castello Estense, circondati da opere di artisti internazionali, in collegamento tematico con le mostre del vicino Palazzo dei Diamanti. Un luogo magico, dove farò scoprire come l’arte può invadere anche la camera da letto, tappezzata di opere d’arte”.

Opere di Atul Bhalla, Stefano Bombardieri, Maurizio Camerani, Chen Qiulin, Maria Rosa Jijon, Anila Rubiku, Giancarlo Scagnolari, Lara Usic, Xing Danwen, Saul Zanolari su tematiche ambientali (acqua, energia, rifiuti) nell’arte contemporanea internazionale a cura di Maria Livia Brunelli e Silvia Cirelli (M.A.R. Museo d’Arte della città di Ravenna e luoghi vari della città).

Dal 10/10/2008 al 25/10/2008

Due installazioni di Stefano Bombardieri sul tema della riappropriazione dei non-luoghi a cura di Maria Livia Brunelli, (Rotonda Foschini e Liceo Istituto d’Arte “Dosso Dossi”, Ferrara).

Dal 6/4/2009 al 18/6/2009, in concomitanza con il Festival Città Territorio.

Opere di Silvia Camporesi, Annalisa Cattani, Maurizio Cosua, Rosa Gisladottir, Lucio Perone, Publink, Anna Scalfi, Stas Shuripa, Dubravka Vidovic, Tsuchida Yasuhiko su tematiche ambientali (acqua, energia, rifiuti) nell’arte contemporanea internazionale a cura di Silvia Cirelli e Maria Livia Brunelli (M.A.R. Museo d'Arte della Città di Ravenna e luoghi vari della città).

Dal 19/9/2009 al 4/10/2009

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