Giuseppe Chiari è stato una delle figure più importanti dell’avanguardia italiana del secondo Novecento. Nato a Firenze nel 1926, si laurea in ingegneria ma, parallelamente, intraprende studi musicali privati, con particolare attenzione al pianoforte e alla composizione. Formatosi come pianista e compositore, si avvicina presto alla sperimentazione musicale e artistica.
A partire dagli anni Sessanta, diventa protagonista della scena internazionale come esponente del movimento Fluxus, elaborando un linguaggio radicale che fonde musica, gesto, scrittura e immagine. Attraverso performance, partiture grafiche, video e testi teorici, Chiari ridefinisce il concetto di musica come azione e pensiero, superando i confini tra le arti.
Sostenitore dell'interazione tra suono, linguaggio, gesto e immagine, ha elaborato azioni artistiche in linea con le esperienze neodadaiste e concettuali, in cui brevi brani si susseguono senza un ordine prestabilito, dando forma a complesse pièces musicali fondate sull’indeterminazione e sulla libertà espressiva.
Chiari ha infatti composto quella che definiva "musica d’azione", basata su un metodo esecutivo che accoglieva elementi sonori casuali o aleatori – come acqua, foglie secche, sassi – accanto agli strumenti tradizionali. Questi elementi, sfruttati in performance come Gesti su un piano (1962), La strada (1965) e Suonare la città (1965), offrono lo spunto per una riflessione profonda sul caso e sull’improvvisazione come fondamenti del fare artistico.
Parallelamente, la sua ricerca visiva si concentra sulle partiture grafiche e sul segno come forma autonoma. Scritture, annotazioni, cancellature e timbrature costruiscono un alfabeto essenziale, dove il linguaggio musicale incontra quello dell’immagine. “Scrivere è costruire”, afferma Chiari: ogni tracciato diventa un’istruzione mentale, una possibilità performativa.
Le sue prime partiture grafiche trasformano i segni musicali e i gesti in immagini autonome, aprendo a una ricerca visiva che si estende ai collage, alle pitture gestuali, a lavori su spartiti, fotografie, pentagrammi, spesso arricchiti da scritte e timbrature. Questa produzione trova piena espressione e maturità negli anni Ottanta, in opere in cui segno, testo e immagine si fondono in una sintesi originale.
La sua opera è stata esposta in importanti eventi internazionali, tra cui Documenta 5 (Kassel, 1972) e numerose edizioni della Biennale di Venezia, ed è oggi conservata in musei e collezioni pubbliche e private in tutto il mondo.
Fino alla sua scomparsa, avvenuta nel 2007, Giuseppe Chiari ha continuato a sperimentare nuovi linguaggi, lasciando un’eredità fondamentale per l’arte contemporanea. La sua opera rappresenta ancora oggi un punto di riferimento per chi esplora il rapporto tra suono, segno e pensiero, tra arte e vita.