GRAFEMI. Da Irma Blank a Maria Lai, da Dadamaino a Opalka e Marcello Carrà

È con grande soddisfazione che annunciamo l'inaugurazione, sabato 20 dicembre, di una mostra che porterà a Ferrara artisti internazionali di altissimo livello!
La mostra ha un titolo intrigante ma un po' da spiegare: "GRAFEMI. Da Irma Blank a Maria Lai, da Dadamaino a Opalka e Marcello Carrà".
Non preoccupatevi perché saremo disponibili per ogni visitatore con accattivanti visite guidate.
La mostra sarà alla MLB Gallery di Corso Ercole d'Este 3: la preview sarà riservata, con visite guidate su appuntamento dalle 15 alle 19.

Cinque artisti (Irma Blank, Marcello Carrà, Dadamaino, Maria Lai e Opalka) uniti dall'uso del segno grafico e della scrittura come elemento fondante della loro pratica artistica, concettuale o astratta. Li accomuna una esplorazione dei "grafemi" (le unità minime di un sistema di scrittura) che scavalca il loro valore linguistico o di significato convenzionale per potenziarne la valenza visuale, ritmica ed espressiva. In tempi e contesti diversi, hanno tutti e cinque trasformato la scrittura in un linguaggio universale e asemantico (privo di significati letterali immediati). Un territorio dove il segno si emancipa dalla parola per farsi immagine.

Oltre che dal segno, le loro ricerche artistiche sono accomunate poi da un interesse profondo per la serialità, intesa come strumento per indagare concetti universali come il tempo, l'esistenza e il linguaggio, superando la materialità dell'opera tradizionale. Il segno (grafico, numerico, tessile), nei loro lavori, diventa ripetitivo, pura traccia visiva, ritmo o meditazione.

Le loro opere, sviluppandosi spesso in serie o sequenze che richiedono tempo per essere create e fruite, enfatizzano, nel processo artistico, la durata e la progressione metodica. Rendono visibile lo scorrere del tempo, utilizzando spesso materiali umili o gesti quotidiani (scrivere, cucire, disegnare a biro) per elevare la loro ricerca oltre i canoni artistici convenzionali, nell'ambito di una ricerca i cui confini sfumano nebbiosamente tra arte concettuale, maniacalità artigianale, minimalismo, poesia visiva.

Irma Blank è nota per la sua "scrittura asemantica" che indaga il tempo e il ritmo attraverso la ripetizione ossessiva di segni che mimano la scrittura senza essere leggibili. Nei suoi lavori il segno diventa presenza fisica, testimonianza del corpo e della durata. Nelle Trascrizioni (1975, inchiostro su acetato), l’artista svincola il linguaggio dal significato per concentrarsi sul gesto, sul segno e sul tempo della scrittura. Il libro — riferimento centrale in queste opere — viene riprodotto e al contempo negato: le parole scompaiono, lasciando spazio a un tracciato indecifrabile che però conserva la struttura della pagina, il ritmo delle righe, la disciplina della gabbia tipografica. Il gesto diventa ripetuto, meditativo, totalizzante. Un corpo a corpo con la superficie, dove il tempo diventa parte dell’opera e il segno, tracciato in uno stato quasi meditativo, conduce a una dimensione spirituale nutrita di silenzio e concentrazione. Una calligrafia interiore dal sapore metafisico.

Blank Irma

Marcello Carrà utilizza il segno grafico e la scrittura come elementi compositivi, trasformando lettere e simboli in pura forma, a partire da libri che riscrive completamente a pennino o a penna biro, dando loro nuovo significato attraverso una veste grafica bidimensionale e allegorica. Rielaborando in chiave personale la poesia visiva, Carrà trascrive a mano, su un unico grande foglio rettangolare, con ossessione maniacale, un intero romanzo di oltre cento pagine, Olga di Chiara Zocchi. Ma, al centro del rettangolo, denso di caratteri calligrafici, lascia un perfetto cerchio bianco: simbolo del vuoto interiore che pervade la protagonista.

Nella Lettera sulla tolleranza di John Locke, invece, circa duecento righe, fittissime di parole, vanno a costituire una perfetta geometria che contiene l’intero testo del trattato: soltanto le due forme vuote delle asce, simboli, in ossimoro, di violenza e intolleranza, spiccano da lontano, simmetriche e ottenute tramite l’assenza di testo.

Stupefacente è la trascrizione di A sangue freddo di Truman Capote, true crime in cui Carrà, sempre avvalendosi del concetto di antitesi, rappresenta una felice famiglia americana a tavola: in questo caso l’artista ha delineato le sagome dei protagonisti del romanzo, riuniti attorno alla tavola, attraverso le parole stesse del libro, modificando lo spessore dei pennini a seconda dell’intensità chiaroscurale delle campiture.

Marcello Carrà Olga part

Dadamaino ha esplorato il segno e la linea in modi diversi, ma in tutte le sue opere il gesto grafico si ripropone in modo seriale, quasi ossessivo, per esplorare lo spazio e la percezione. L'artista utilizza segni minimi e ripetitivi, che diventano un alfabeto segnico, come nella serie I fatti della vita. La Lettera 10 B, un’opera a china su carta intelata del 1980, faceva parte di un’installazione ambientale esposta nello stesso anno alla Biennale di Venezia: un diario quotidiano che diventa scrittura automatica. Come se l’artista vedesse nei segni tracciati caratteri di un alfabeto universale o molecole della realtà. Passo dopo passo del 1989 (mordente su poliestere) fa invece parte del ciclo di lavori intitolato Il movimento delle cose, rappresentazione metaforica del destino biologico ed esistenziale delle persone che si incontrano, si amano, pulsano e si muovono, cambiando costantemente. Sulla superficie trasparente del poliestere, il mordente traccia un flusso materico che, interagendo con la luce, crea onde energetiche, un movimento incessante e continuo nello spazio, cinetico.

Dadamaino Passo dopo passo 1989 mordente su poliestere cm 100x70

Maria Lai è nota a livello internazionale per i suoi “libri cuciti”, in cui si intrecciano sapienza manuale e riflessione intellettuale. Con ago e filo, l’artista decostruisce e ricompone il concetto stesso di scrittura, trasformando il libro in un oggetto da esplorare più che da leggere. I suoi libri,  più che “illeggibili”, sono “democratici”: narrano storie che tutti possono leggere, attraverso un linguaggio intimo e universale. Un lessico spirituale, una poetica del silenzio e del gesto. Una scrittura che ha origine all’epoca della sua infanzia, quando l’artista, da bambina, guardava la nonna rammendare le lenzuola e si divertiva a inventare storie a partire dai fili usati per ricucire gli strappi, che le apparivano segni di un alfabeto misterioso. Il filo diventa metafora della creazione di relazioni, di connessioni. Un filo che lega e collega, che spesso rimane in sospeso o trafilato, pronto a continuare a raccontare le storie della sua memoria, un filo che cade sulle pagine, le disegna, le intreccia, fino ad avvolgere sotto forma di matassa l’intero libro.

Maria Lai In ogni tempo 1984 tessuto e filo 23x13x3 cm

Courtesy © Archivio Maria Lai by Siae 2025

Roman Opalka dipinge la progressione numerica da 1 all'infinito sulla tela, documentando l'intera durata della sua vita artistica in relazione al tempo che passa; rappresentazione visiva dello scorrere inarrestabile del tempo e della vita umana verso l'inevitabile fine. Ogni opera è un frammento di un unico flusso dove la progressione numerica funge da metafora della vita umana, che ha un inizio (la nascita, il numero 1) e si muove inesorabilmente verso la sua conclusione, l'infinito o l'annullamento, tanto che i  numeri sequenziali sono scritti su sfondi che diventavano progressivamente più chiari, dal grigio al bianco puro. L’artista registrava la sua voce mentre pronunciava i numeri e scattava un autoritratto fotografico alla fine di ogni giornata di lavoro, documentando il proprio invecchiamento, parallelo all'avanzamento numerico. 

Opalka opera

Nel dialogo tra le ricerche di questi cinque artisti, di epoche e nazionalità diverse, emerge una medesima tensione: la scrittura viene sottratta alla sua funzione primaria – quella di trasmettere un contenuto semantico – e ricondotta alla sua essenza più profonda: essere un gesto che costruisce spazio. I grafemi, liberati dal peso della parola, diventano gli elementi di una grammatica visuale orchestrata tra ritmo, ripetizione, ordine e deviazione. Così, ciò che queste scritture perdono in leggibilità, lo guadagnano in pregnanza. I segni diventano architetture visive che comunicano per il semplice fatto di esistere, affermando la loro necessità attraverso la pura intensità della loro stessa presenza.

Per info e prenotazioni: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

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