Verona

12.10.2018 / 15.10.2018

La MLB Maria Livia Brunelli propone quest’anno ad ArtVerona, dal 12 al 15 ottobre, due precisi filoni di ricerca: la sperimentazione artistica in campo fotografico, e la ricerca concettuale abbinata a particolari capacità tecniche e manuali.
Silvia Camporesi, una tra le fotografe al momento più apprezzate sul territorio nazionale, utilizza la fotografia per dar vita a progetti artistici che la impegnano anche diversi anni. Nel nuovo capitolo di "Mirabilia", l'artista ha ricercato, attraverso una accurata selezione sul territorio italiano, scenari naturali spettacolari e spesso poco conosciuti, che incantano per la loro intensa poesia. Dal mulino di Orbetello immerso nella magica atmosfera del mare che lo circonda, alle stupefacenti “Vie cave”, in Maremma, altissimi corridoi scavati nel tufo di origine etrusca. Quest’ultima opera, di grandi dimensioni, ha richiesto all’artista particolare dedizione: è stata infatti prima stampata in bianco e nero e poi colorata con grande pazienza con pastelli di infinite gradazioni di marrone e di verde. Un intervento manuale che sposta la fotografia verso i confini della pittura sottraendola alla riproducibilità e rendendola quindi oggetto unico.

C’è grande attesa anche per le nuove opere Anna Di Prospero, artista appena trentenne che sta riscuotendo continui successi: in esposizione in anteprima a Verona tre opere inedite del ciclo dedicato al tema delle crociere, in cui l’artista si è fotografata in autoritratti di grande suggestione tra gli spazi deserti delle grandi navi da crociera, trasformando in scenari fiabeschi e surreali luoghi solitamente brulicanti di umanità. Molti riconosceranno poi l’immagine che è stata scelta come simbolo della grande mostra sulla fotografia femminile da poco conclusasi a Palazzo delle Esposizioni di Roma, “L’altro sguardo. Fotografe italiane 1965-2018”, che ritrae l’artista a Central Park a New York, insieme ad altre due evocative opere della stessa serie. In queste fotografie l’artista, sempre di spalle, indossa un vestito rosso che è diventato la sua cifra stilistica: lo ritroviamo infatti nella serie che le è stata commissionata e in seguito acquisita dal Palazzo Ducale di Mantova (in quanto vincitrice del Premio Level0 di ArtVerona nel 2017), dove la figura esile e sinuosa di Anna si relaziona con gli splendidi spazi affrescati della residenza dei Gonzaga.

Accanto a queste due promesse della fotografia, spicca un grande nome come Mario Cresci, artista concettuale, pioniere degli sconfinamenti tra arte e fotografia negli anni Sessanta. In esposizione alcune opere della serie “D’Après Retablo”, nata dalla fascinazione della natura della Sicilia: l’artista è partito da elementi caratterizzanti il paesaggio dell’isola, come i cactus e i vulcani, per elaborare immagini inedite attraverso la ricerca libera e ludica di segni magici, della dimensione del non visibile.

Di grande impatto anche le nuove opere nere rotanti di Marcello Carrà, realizzate tutte con la penna Bic e immerse dentro l’acqua: l’artista ha incapsulato tre disegni in speciali cornici e, tramite un vetrocamera, ha inserito una quantità ben precisa di acqua con un colorante nero. Le opere sono girevoli, perché fissate su parete tramite una apposita staffa. Ognuna ha un doppio disegno che si svela solo capovolgendola, tramite lo spostamento dell'acqua inchiostrata, così lo spettatore sceglie una “versione”, anche a seconda dello stato d’animo. Non mancherà di stupire anche una gigantesca opera di ispirazione fiamminga, ricchissima di minuziosi dettagli, che eguaglia per "follia" disegnativa solo la cavalletta di otto metri realizzata dall’artista qualche anno fa.

Stefano Scheda presenta un light box in cui un telo raffigurante una donna nera vestita con abiti tradizionali fluttua in acque cristalline: la sua verticalità iconica rimanda alla sacralità di un idolo africano, quasi fosse un sacrificio rituale affidato alle acque. Un inno alla precarietà che accomuna tutte le religioni e le etnie.

Ketty Tagliatti espone una delle sue opere più affascinanti, una grande rosa realizzata con un’infinità di fili intrecciati e cuciti, che, sovrapposti, creano la suggestione dei petali: un lavoro che richiama in modo esplicito l’arte informale, le spirali spazialiste degli anni Cinquanta, che sono, al di là del riferimento figurativo, il vero motivo ispiratore di questa artista riservata e appartata, che ama la lenta gestualità di gesti ripetuti e catartici.

Stefano Bombardieri ci sorprende invece con un imponente busto classico dalle venature marmoree, che però al tatto mostra la sua vera natura: è stato realizzato in poliuretano espanso, quindi in realtà è leggerissimo. Un’opera straniante che attualizza la classicità reinterpretandola in senso contemporaneo, nobilitando un materiale normalmente utilizzato dall’industria.

Barbara Capponi fa sorridere e poi riflettere con una serie di coloratissimi “Retablos”, mondi minuscoli imprigionati dentro scatole di legno e vetro: incontri che cambiano la vita, momenti topici, situazioni surreali, di cui il titolo dell’opera è rivelatore.

E infine Giovanni Scotti racconta la realtà di un grande complesso dismesso, l'ex NATO di Bagnoli, vicino a Napoli, un luogo mitizzato dall’artista fin dall’infanzia, che ha ritratto in scatti carichi di mistero e magia.

 

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